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    Lo sguardo di Franco Ciani sul basket siciliano e sui cambiamenti di un udinese ad Agrigento

    Coach Franco Ciani, uomo udinese trapiantato in Sicilia, la sua figura è ormai indissolubilmente legata alla Fortitudo Moncada. Una precisa filosofia del lavoro è al servizio da sei anni di Agrigento, società in cui il coach ha innescato una evidente crescita. Sul campo, s’intende, perchè fuori dal parquet il merito rimane del presidente Salvatore Moncada, imprenditore coraggioso senza cui, probabilmente, non sapremmo oggi cosa dire cosa della palla a spicchi all’ombra dei Templi.

    Coach che momento vive la pallacanestro siciliana e quali la Moncada?
    Per Agrigento è stato un periodo di grandi soddisfazioni. Di risultati importanti, di assoluta ascesa. Costante in tutti gli anni, culminata probabilmente con la finale di due anni fa. L’anno scorso purtroppo non siamo riusciti per svariati motivi ad arrivare con la stessa condizione e con la stessa freschezza ai playoff, però, ricordando dall’esordio in B2 a oggi credo che non possa che trattarsi di un bilancio positivo.
    Per quel che riguarda la pallacanestro siciliana, credo sia una pallacanestro che non sembra trovare una sua stabilità. C’è qualche piazza in ascesa, qualche piazza sparisce o fa fatica, ma questa è un po la situazione nazionale. È chiaro che la condizione economica e sociale condiziona molto ed è chiaro che l’economia siciliana, a maggior ragione sull’aspetto degli investimenti sullo sport, fa più fatica a farli. Ci vogliono i grandi proprietari, come Moncada è per noi, che credono in questa cosa; la fanno perché gli piace farla, senza aspettarsi alcun tipo di ritorno. A fronte di Capo d’Orlando che continua a dare continuità, Trapani è una piazza di assoluto livello come Agrigento, si è persa un po Barcellona, poi c’è Palermo che fa sempre fatica a trovare un riferimento tecnico per dare lustro ad una grande città, di fronte tutto questo si potrebbe, insomma, fare un po di più e un po meglio. E’ in generale, però, che non si riesce a dare questo tipo di continuità.

    C’è comunque un appeal che può essere sfruttato dalla Sicilia?
    “Credo di si, è una cosa importante che i giocatori stiano bene. C’è l’aspetto climatico, la vita di tutti i giorni, la partecipazione della gente e del calore, sono aspetti fanno sentire importante un giocatore e lo fanno sentire a proprio agio in modo da esprimere il meglio delle sue potenzialità e soprattutto trovare l’habitat in cui stare bene. È il primo step fondamentale per cui un atleta possa rendere. Credo che la Sicilia in questo senso sia inarrivabile e non è un caso che chi riesce ad andare oltre mentalmente alla distanza, qui trova un posto fantastico”.

    Dal suo primo giorno ad Agrigento ai giorni nostri. Qual è il miglior giocatore che ha calcato il parquet del PalaMoncada?
    “E’ veramente difficile dirlo. Un po per la scelta d’aver privilegiato la filosofia del gruppo, nel senso che non abbiamo mai cercato la grande stella, ma giocatori di ottima qualità che fossero inseribile sia umanamente, che tecnicamente ad un contesto di squadra, dirlo non è facile. Credo che la squadra che ha vinto la B2 era illegale per quel campionato, era impossibile non vincere quell’anno e lo dico anche se questa non è una buona operazione di marketing per me! Credo che Vaughn, l’americano del primo anno di Silver, fosse un giocatore straordinario. Potrebbe essere lui il nome un po più importante da sottolineare, però è difficile perché quando vinci tanto con tanti giocatori, che magari porti con te nel tempo, non possono esserci valutazioni particolari”.

    Come è cambiato coach Franco Ciani in questi anni, cosa ha imparato e cosa è riuscito ad insegnare?
    “Ho cercato di portare ad Agrigento una mia abitudine professionale, quella di pretendere da me per primo e poi dagli altri il massimo delle loro capacità e il cercare di gestire con equilibrio e con sensibilità, anche intransigenza in alcuni punti irrinunciabili, le meccaniche del gruppo. Soprattutto l’organizzazione del lavoro. Credo che questi aspetti facciano parte, al di là dell’aspetto difensivo o dei giochi di attacco, del bagaglio tattico che ogni allenatore porta con sé. Credo comunque che il punto su cui ho cercato d’incidere di più è l’abitudine mentale a fare le cose in un certo modo. Io, invece, sono cambiato un po perché sono più tollerante al siciliano! È chiaro che uno non può fare il friulano ad Agrigento, sarebbe anche sbagliato, bisogna avere le capacità per mediare le proprie intransigenze con le abitudini del posto. Dico sempre che il primo anno impazzivo quando davo appuntamento alle 9, quando erano le 10 aspettavo le 11 e a mezzogiorno chiamavo. Per me le 9.01 era già un ritardo. Continua ad esserlo, ma lo tollero un po di più!”

    Coach, quindi gli allenamenti della Moncada ora cominciano?
    “No – sorride Ciani- quegli orari rimangono tassativi!”

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