Il basket siciliano giovanile al collasso

Il vivaio dell'Isola non produuce più giocatori di livello. I tornei Under 15,16 e 18 sono stati cancellati e i migliori talenti devono emigrare al Nord

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A pochi giorni dalla comunicazione fatta dalla Fip Sicilia di alcune novità riguardanti i campionati giovanili under 15 e under 16; al termine della settimana in cui si sono disputate le prime gare del campionato under 20, in concomitanza con le settimane in cui cui stanno prendendo forma i gironi della maggior parte delle competizioni under siciliane, riportiamo l’articolo pubblicato dal collega trapanese Fabio Tartamella su La Repubblica, allo scopo di offrire uno spunto di riflessione, su cui magari dibattere, sulla questione campionati giovanili in Sicilia.

Invischiata in trame di potere e logiche politico-goegrafiche, la pallacanestro giovanile siciliana sta morendo. Nell’incuria dei padroni del vapore, soffocata dall’incompetenza cronica di allenatori e istruttori, messa all’angolo anche dai problemi economici. I segnali del crollo imminente ci sono tutti. È molto più semplice, però, girare la faccia dall’altro lato, presentando lo specchietto per le allodole delle tre squadre di serie A: Capo d’Orlando, Agrigento e Trapani. Tre realtà legate a tre persone (Sindoni, Moncada e Basciano), che, se un giorno decideranno di mollare, lasceranno nello sconforto tre città.

Intanto, anche se la Passalacqua Ragusa ha lottato e lotterà per lo scudetto, il movimento giovanile delle ragazze è praticamente scomparso. E quello dei maschi è già in via di estinzione. Non ci sono campionati di Eccellenza regionali nelle categorie Under 15, 16 e 18. Per far disputare qualche partita competitiva ai propri ragazzi, la squadra Under 18 della Pallacanestro Trapani ha chiesto di essere annessa al girone laziale e quella Under 15 parteciperà ad una sorta di Champions League di categoria con trasferte in Lituania e Polonia. Non si tira fuori un giocatore siciliano di discreto livello dalla notte dei tempi. Gli allenatori isolani formano una casta autoreferenziale. Nessuno (o quasi) ha in mente di insegnare il gioco e l’educazione sportiva ai ragazzi. L’unico scopo è vincere le partite dei campionati provinciali utilizzando ogni disordine tecnico e ogni stratagemma tattico.
Va citato il miracolo di Ragusa, che, nello scorso mese di giugno, ha conquistato la scudetto Under 16: riconosciuti i meriti dei due allenatori Giorgio Di Martino e Ninni Gebbia, va ammesso che è anche frutto di una generazione fortunata di ragazzi nati nel 2000 nel capoluogo ibleo. E che i due stessi tecnici non hanno potuto dare seguito al progetto per mancanza di fondi: sarebbero bastati 25 mila euro.

Il disastro parte dal minibasket. Il referente nazionale, Maurizio Cremonini, raccoglie applausi a scena aperta ad ogni riunione di istruttori, frequentate soltanto per conservare la tessera. Oltre gli applausi per queste lezioni illuminate, rimane poco: infatti, nel proprio centro minibasket, ognuno lavora come negli anni Settanta, e ai raduni della categoria Scoiattoli (7 anni) gli istruttori sbraitano e rimproverano i bambini se non si vince la partita. I genitori? Schiumanti di rabbia e pronti con la merendina e il succo di frutta.

È questo il dato più preoccupante: la mancanza di cultura sportiva e del gioco. Scomparso il reclutamento dalle scuole, se nasce un talento dalle nostre parti, è costretto ad andar via da casa al massimo a 15 anni. Tutto vacilla e sta per cadere, le piazze di basket progressivamente scompaiono, e chi comanda pensa ai propri giochi di potere. Le tasse-gara e i tesseramenti hanno costi esosi, le società decidono di abbandonare i campionati federali, preferendo quelli più economici del Centro Sportivo Italiano.

Tutti fanno finta di niente e nessuno fa sentire la propria voce, in attesa che qualcuno ci dica che “tutto sta cambiando”. Per non cambiar nulla, ovviamente.